sabato 10 gennaio 2015

Vecchi fatti di una Garfagnana mai raccontata.Quando omicidi e corruzione la facevano da padrone

Storie di altri tempi che in un certo qual modo sembrano storie di
Briganti sui monti
oggi,fatte di quelle strane connivenze che ormai tutti conosciamo tra Stato e malavita.Eppure sono passati 500 anni dai fatti che vi andrò ad esporre e come spesso accade una delle prerogative dello studio della storia fa a farsi benedire.La storia fra le sue molteplici funzioni avrebbe anche quella di insegnare ai posteri di non ricommettere gli errori del passato,ma non è sempre così se Ludovico Ariosto in una lettera del 23 novembre 1523 indirizzata al duca di Ferrara riferendosi in questo caso a Battistino Magnano uno fra i più temuti briganti di Garfagnana gli scrive chiaramente e senza mezzi termini: "...credo che ancho quel Battistino Magnano, che appresso a Bernardetto è il maggior assassino che havesse questo paese, si trovi al soldo di Vostra Eccellenza...". Si, perchè Ludovico Ariosto venne in Garfagnana mal volentieri ma con tutti i buoni propositi del mondo come commissario estense mandato li per estirpare il brigantaggio e il malaffare che prosperavano in tutta la valle.Questo che andrò a raccontarvi è uno spaccato di vita impressionante che offre l'opportunità di farci un'immagine di quello che era la quotidianità in Garfagnana nel secondo  decennio del 1500, che non discosta (ma anzi certe volte la supera) da quella che era la Sicilia mafiosa dei Provenzano e dei Riina. Sembra il narrare di storie recenti che abbiamo sentito raccontare in questi anni dai pentiti di mafia. Ma addentriamoci nell'argomento e cominciano con il dire che la nostra bella Garfagnana era una terra all'epoca di banditi e di violenza di ogni sorta, si andava dall'assassinio, al furto e ad angherie varie e il potere centrale (in questo rappresentato dagli Estensi) veniva percepito come una cosa lontana, incapace di imporre una legalità in questo angusto lembo di terra dove vivevano dei personaggi
Ludovico Ariosto
abbastanza influenti che da una parte erano fedeli agli Estensi, ma allo stesso modo tenevano commerci con furfanti di ogni risma.Il povero Ariosto si trovava in una situazione disperata tant'è che diceva ai suoi collaboratori che in Garfagnana non comanda nè il duca,nè i lucchesi,nè i fiorentini ma "bensì i ribaldi che la infestano impunemente". La causa di tale situazione bisogna ricercarla nelle due fazioni politiche (la politica c'è sempre di mezzo...) che prosperavano nella zona:la parte francese, a cui apparteneva lo stesso duca Alfonso I, che era ostile al Papa e favorevole ai francesi, e la parte italiana, favorevole alla politica papale-medicea.A dire il vero bisogna dire che poi ai garfagnini non interessavano tanto le questioni politiche in senso stretto, ma queste servivano a nascondere interessi personali e locali ed erano questi interessi che provocavano l'illegalità che sfociava nella delinquenza comune. Di questi delinquenti e briganti l'Ariosto attraverso le sue indagini compose prontamente una lista come oggi farebbe l'F.B.I per i maggiori ricercati del mondo e questo è l'elenco dei più pericolosi criminali di tutta la Garfagnana, il fior fior dei briganti in parole povere:



-I figli del Peregrin del Sillico,in primo luogo il Moro, poi Giugliano (che abita a Ceserana in casa della moglie, che è sorella della moglie del Moro), Baldone
-Quelli del Costa,provenienti dalla zona di Ponteccio:Battistino Magnano,Bernardello,Bertagnetto,Ginese,Filippo Pachione, Pelegrinetto, il Frate, Pierlenzo, Ulivo e Nicolao Madalena
-Quelli di Sommocolonia nel barghigiano,che erano spesso in combutta coi delinquenti nostrani: Togno di Nanni del Calzolaro, Donatello, Bogietto detto Cornacchia
-Il Margutte di Camporeggiano (Camporgiano)

Non pensiamo a questi briganti come dei delinquenti a se stanti, ma come tutte le associazioni a delinquere che si "rispettano" potevano contare su una fitta rete di protezioni a livello di amministratori locali, come in questo caso di alcuni capi fazione come Bastiano Coiaio di Trassilico e Pierino Magnano di Castelnuovo.Insomma era un groviglio fra politica e delinquenza.Tutto però il nostro buon Ariosto aveva predisposto per l'arresto di questi furfanti,era pronto come si suol dire per far scattar le manette,già un egregio lavoro era stato fatto nell'individuare la "cupola", ma non era così facile se per esempio a Camporgiano nel 1523 (una delle terre più frequentate dai manigoldi) fu individuato dai balestrieri ducali "il Frate"uno fra i più pericolosi briganti in circolazione che stava giocando tranquillamente a carte nella taverna del paese con gente del posto.Al momento della cattura gli stessi clienti della taverna lo fecero fuggire "lo nascosero e lo fero fuggire in un campo di canape" . Naturalmente tutti sapevano dov'era, ma nessuno lo denunciò,anche il notaio di Camporgiano certo Costantino di Castelnuovo sapeva, ma anche lui tacque e poi lo stesso Ariosto
Alfonso I d'Este un duca un po'
di manica larga...

annotò riferendosi sempre al notaio "..il qual poi si escusa che non vole essere amazzato".Fra l'omertà della gente e la paura che regnava sovrana il povero commissario era nello sconforto più totale anche perchè fu tutto più chiaro quando venne evidentemente a galla la protezione del duca per questi fuorilegge,come nel caso del più famoso brigante garfagnino "il Moro del Sillico" (reso celebre dalla bella festa in costume storico che ogni estate nel suo nome si svolge proprio nel paese omonimo) quando finalmente fu catturato.A piena voce gli amici e i compagni del Moro chiedevano la grazia per il loro amico giustificando come meglio potevano le sue azioni delittuose,ma di fronte all'evidenza dei fatti(e a malincuore) il duca non la concesse,ma per salvare il brigante si studiò però un altro escamotage con la complicità delle guardie stesse quando un suo compagno (il figlio di Bastiano Coiaio) lo andò a trovare in carcere e gli lasciò un coltello con il quale scassinò la porta della cella e fuggì senza colpo ferire.Ma perchè questa marmaglia aveva questo forte ascendente sul duca? Questi furfanti in verità e furbescamente svolgevano due "mestieri", il primo (come ben si sa ) era il brigante, il secondo era il soldato.Il "Moro"  e la sua cricca erano dei valenti e fedelissimi soldati al servizio di sua Maestà il duca.Dell'esercito ducale faceva parte il "Moro"con i fratelli Giugliano e Baldone, "il Peregrin" e altri ancora che poi in seguito partirono per la campagna di guerra che consentì ad Alfonso I d'Este (dopo la morte di Papa Adriano VI)di riappropriarsi della città di Reggio Emilia, figuriamoci dunque se l'eccellentissimo duca gli avesse fatto uno sgarbo.Altra categoria di personaggi che turbavano la Garfagnana e le buone persone con i loro discutibili comportamenti erano i preti, amici dei briganti che nascondevano nelle chiese e nei campanili e quando il caso e la giustizia voleva che fossero scoperti tali preti non potevano essere condannati dalle autorità civili ma solamente da quelle ecclesiastiche che da loro venivano puniti in maniera molto blanda (come d'altronde succede oggi...).A poco servivano le continue sollecitazioni che l'Ariosto faceva agli stati confinanti (Lucca e Firenze) affinché tutti insieme collaborassero vicendevolmente alla cattura dei delinquenti, ma non c'era niente da fare se il proprio duca dispensava grazie a destra e a manca ai peggiori banditi come Battistino Magnano
La casa natale del Moro al Sillico e la chiesa
graziato per aver mantenuto la difesa della Fortezza delle Verrucole quando Papa Leone X (1520) tolse al duca la provincia della Garfagnana riuscendo appunto a conservare la Fortezza, un punto strategico e perciò come detto Battistino "ottenne grazia benignissima".
Qualche anno dopo capitò la grande occasione quando nella tarda estate del 1523 i banditi più temuti si erano recati a Ferrara e il duca invece di prendere "la bella occasione di purgare il paese di queste male herbe" (come ebbe a dire l'Ariosto in un'altra sua lettera) preferì concludere "una pace universale" assicurando loro ancora una volta grazia di ogni delitto e bando.
Ludovico Ariosto nel giugno del 1525 venne richiamato a Ferrara e lascerà la Garfagnana con un grande sospiro di sollievo tornando a fare in beata pace quello che per oggi tutti lo conosciamo:il poeta...

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