giovedì 30 aprile 2015

L'epica storia delle corriere in Garfagnana: dall'impresa di trasporti del 1912 del Cavalier Raffaelli fino ai giorni nostri

1912 Via Vittorio Emanuele Castelnuovo G..
Un rampante automezzo FIAT
la "corriera" del Cav Raffaelli
(foto tratta dalla collezione di Silvio Fioravanti)
C'è poco da dire, per quanto riguarda strade, circolazione e trasporti in Garfagnana abbiamo sempre a dir poco penato. Fino a circa 70 anni fa le nostre strade erano perlopiù quasi tutte sterrate, avevamo ancora come mezzo di trasporto "il miccio" (n.d.r: l'asino),il carretto o la carrozza e le macchine erano rare. Ripercorriamo oggi l'epica storia delle "corriere"(gli odierni autobus) che hanno attraversato la Garfagnana in lungo e largo sotto mille avversità ed intemperie, dagli inizi del 1900 ad oggi.Questi mezzi furono tanto utili e fondamentali per il trasporto di persone merci e posta,era poi il mezzo di trasporto più comune (dato che l'automobile per le persone comuni era un'utopia) ed economico che esisteva e a differenza del treno la corriera arrivava dove il treno non poteva, in più è bene dirlo a chiare lettere la corriera (con il treno) è stato importantissimo per lo sviluppo socio-economico di tutta la valle,la Garfagnana con questi mezzi di trasporto agli inizi del secolo scorso uscì finalmente da quel torpore "medievale" e si aprì al mondo, incominciammo a conoscere le città e le loro meraviglie e a commerciare con Lucca e con Modena. Prima però facciamo un veloce excursus e guardiamo un po' com'era la situazione delle nostre strade alla fine dell'800. Con l'unità d'Italia la gestione e la manutenzione delle strade fu affidata alle province (così come in parte oggi).Nel 1866 si provvide a fare un censimento delle strade e con l'ultima revisione del 1882 fino al 1910 risultarono 26 strade provinciali classificate in prima e seconda categoria, per dimensioni,collocazione e destinazione. Fu così all'inizio del '900 che nella Valle del Serchio con lo svilupparsi delle industrie (vedi S.M.I) e l'incremento della circolazione di auto che si decise la costruzione e la ristrutturazione di nuove e vecchie strade. A partire dal 1920 vengono compiute importanti opere di consolidamento ponti:tra questi il Ponte di Calavorno e la costruzione di nuovi come nel 1923 del Ponte di Gallicano (che finalmente lo congiunse con la stazione dei treni).Mentre lo sviluppo definitivo delle nostre strade l'abbiamo ben più tardi, negli anni 50.Viene infatti promossa e sostenuta attraverso il Ministero dei Trasporti la creazione di consorzi per la costruzione di nuove strade e la miglioria di quelle "vecchie", grazie alle legge 18 ottobre 1950
La strada Castelnuovo Arni in costruzione
(foto tratta dalla collezione
 di Silvio Fioravanti)
n.647 che sovvenzionava questi interventi in zone cosiddette depresse (com'era considerata la Garfagnana) e viene così fatto il secondo tronco della Sillano-Pradarena,la strada Castelnuovo- Arni, viene inoltre asfaltato il tratto Fornoli - Ponte di Campia e il tratto Cerageto-Casone.Nel 1960  risultavano così asfaltate in tutta la valle 253 Km di strade con una crescita vertiginose se si pensa soltanto che nel 1956 erano asfaltati solo 61 Km e queste erano di fatto le strade che negli anni le nostre corriere dovranno affrontare. Le prime notizie di una corriera in Garfagnana si hanno nel 1912 quando per soddisfare i più urgenti bisogni della popolazione ebbe inizio il servizio automobilistico che collegava Castelnuovo Garfagnana con Piandelagotti e Frassinoro.Il servizio era offerto dall'impresa del Cavalier Raffaelli tramite un rampante automezzo FIAT e riattivava le importanti relazioni commerciali che da tempo non c'erano più fra la Garfagnana e il Modenese.Furono imprese epiche quelle che si raccontano su questo servizio,d'estate, come si suol dire era una passeggiata di salute,l'inverno invece era una vera e propria odissea affrontare il Passo delle Radici con la neve alta due metri, si racconta che gli stessi clienti scendevano a spalare la neve, si dice che quei 50 Km di distanza fra Castelnuovo e Frassinoro a volte ci volessero anche 12 ore per percorrerli, un servizio questo veramente eccezionale se si pensa alle strade di allora,dove non c’erano altro che spazzaneve a braccia e le gomme termiche erano un lontano miraggio,però il servizio non fu mai
Casone di Profecchia la corriera
deve raggiungere Frassinoro in tutti i modi...
(foto tratta da collezione Silvio Fioravanti)
sospeso ed ebbe l'invidiabile record di aver sempre raggiunto i due capolinea sia all'andata che al ritorno. Gli anni passano e le persone sentono maggiore il bisogno di questo servizio e le vecchie imprese di trasporti come quella del Cavalier Raffaelli non tengono più il passo che hanno tenuto per alcuni decenni, ecco così che si fa avanti una vera e propria azienda di trasporti ligure,di Chiavari, un impresa dal nome al quanto curioso: "Fiumana Bella", che prende la sua denominazione addirittura da dei versi della Divina Commedia:

"Intra Siestri e Chiaveri s'adima una fiumana bella..."(Purgatorio Canto XIX)
Dante qui fa riferimento al fiume Entella che attraversa la Val Fontanabuona (n.d.r: che comprende fra le altre le cittadine di Chiavari e Lavagna),zona di origine dell'azienda.Questa società prenderà servizio in tutta la Valle del Serchio in pianta stabile dopo la II guerra mondiale e stavolta i suoi servizi copriranno per intero tutta la zona, da Lucca fino a Frassinoro. Fu un vero evento per l'intera Garfagnana, negli anni '50 i trasporti pubblici nella
nostra valle erano tra i migliori della regione, certo non come mezzi che erano vecchi e sgangherati, ma perchè oltre al trasporto dei passeggeri e delle  merci, effettuavano un servizio postale molto efficiente, infatti le corriere, come usa ancora oggi venivano chiamate “postali”, a bordo vi era un autista e il bigliettaio,che oltre ai biglietti, pensava ad aiutare i passeggeri con i bagagli ed a raccogliere i sacchi della corrispondenza nei vari uffici postali ed anche dai privati che abitando molto lontano da essi non avrebbero potuto spedire le loro lettere.La prima corsa partiva da Castelnuovo alle 6,30 del mattino fermandosi ovunque
ci fossero persone in attesa, arrivava a Lucca in piazza della Magione alle 8, dopo una brevissima sosta la corriera faceva ritorno a Castelnuovo con il suo carico di passeggeri fermandosi a tutti gli uffici postali,consegnava e ritirava i sacchi della posta. La corriera oltre ai servizi era un mezzo che univa psicologicamente i vari paesi, scandiva i tempi delle migrazioni,quando era primavera si sapeva subito se qualcuno iniziava a tornare nella valle e così pure era per le partenze autunnali, per i bambini era un rituale stare ad aspettare il suo passaggio per salutare chi era in viaggio, ma non avevano bisogno di avere l’orologio per sapere l’ora, perché la corriera ad ogni curva si annunciava con il classico
Anni '50 Il Postale
delle autolinee Donati
(foto tratta da "Gallicano in
 Garfagnana" di Daniele Saisi)
“lirùlirù”.
Oltre alla linea che collegava Lucca con la Garfagnana persisteva ancora la vecchia linea che collegava Castelnuovo con Frassinoro Verso la fine degli anni ’50, nel mese di agosto,la Fiumana Bella istituì un nuovo servizio, “Il Gran Turismo”, una corriera nuova che faceva servizio da Castelnuovo con arrivo a Viareggio alle 11,30, ripartiva alle 5 del pomeriggio, per permettere le scampagnate al mare, non faceva servizio postale e fermava solo nei paesi più grossi, fu questo un servizio che durò poche estati.Negli anni ’60 con il boom economico ed il forte aumento delle auto private la corriera ritornò a poco a poco al solo ruolo di postale. Nel gennaio del 1969 fu fondato così il "Consorzio Lucchese Autotrasporti Pubblici" meglio conosciuto come CLAP,nel 1972 rilevò la Fiumana Bella e negli anni successivi anche molte altre piccole aziende di trasporti (Donati,Nardini,Luisi, Sforacchi e Torre). Un vero monopolio che negli anni '80 la portò ad avere oltre 500 dipendenti. Infine è storia di oggi, nel 2012 il CLAP si fonde insieme ad altre società della Toscana Nord per formare una nuova società la CCT Nord (Compagnia
L'orario della "Fiumana Belle" del 1949
(tratto dal sito web Bargarchivio)
Toscana Trasporti).Ormai la corriera ha perso tutta la "poesia" di un tempo,oggi non rimane niente di quel leggendario trasporto del Cavalier Raffaelli di inizio secolo se non un servizio sempre più scarso e disagiato.

giovedì 23 aprile 2015

Il tedesco e la bambina. Storia di guerra, amicizia e liberazione

Gallicano bombardata con veduta
su Piazza Vittorio Emanuele
(foto tratta da "Gallicano in Garfagnana"
 di Daniele Saisi)
Questa è una di quelle storie che ci fa capire che chi di solito è dipinto come cattivo non lo deve essere per forza e comunque. Gli avvenimenti che andrò a raccontare rientrano proprio nell'ottica per ricordare i 70 anni della liberazione d'Italia dal nazifascismo (25 aprile 1945) e ancor di più per cercare di far capire il dramma personale di quei soldati che sotto ogni bandiera e nazione la guerra l'hanno vissuta sulla propria pelle quotidianamente, pensando ogni giorno a quei figli e a quelle mogli lasciate a casa sperando un dì di ritornarvi. I fatti si svolgono a Gallicano nell'estate del 1944 in piena seconda guerra mondiale in via Serchio, una delle vie principali del paese. Al numero 18 di questa strada abita una bambina a dir poco esuberante e vivace, questa bambina si chiama Albertina e quando esce di casa per giocare la mamma fra le tante e doverose raccomandazioni gli dice di non andare nell'aia dietro casa,di non parlare con i soldati e di non dargli affatto confidenza. Si, perchè nella capanna nell'aia dietro casa ci sono le salmerie dell'esercito tedesco, i muli adibiti al trasporto di viveri e armi e alcuni camion adoperati per il movimento delle truppe. Qui i soldati tedeschi della Wehrmacht appartenenti al reggimento alpino denominato Mittenwald presidiano il posto 24 su 24 e dormono al piano inferiore della casa di Albertina, immaginiamo quindi la paura che regna in quella casa di notte,la famiglia della bambina al piano di sopra e gli alpini tedeschi al piano di sotto accampati dentro a dei sacchi a pelo. Comunque sia le giornate scorrono abbastanza tranquille e Albertina per disobbedire è l'asso di briscola, ma cosa si vuole pretendere da una bambina di 8 anni? Sappiamo come sono fatti i bimbi,fatto sta che la piccola quel giorno in mezzo all'aia vede fra gli altri un soldato tedesco seduto su un ciocco di legno intento a pulire il suo Mauser Karabiner 98K (n.d.r:fucile da guerra della Germania nazista) e siccome la bambina come gli è stato detto sa che il tedesco è il nemico e vuole anche lei a suo modo combatterlo, così si mette dalla parte opposta dell'aia stessa dove in un angolo ci sono dei sassi, detto fatto la piccola raccoglie questi sassi e comincia a scagliarli verso il
Albertina è la prima
 a destra (la più bassa)
con delle amiche,a destra
si vede uno scorcio dell'aia
soldato, prima lo colpisce a una gamba e il tedesco alza la testa dicendogli seccamente:

-Genug haben !- (n.d.r: "Finiscila, ne ho abbastanza!")
la piccola continua e lo colpisce sul calcio del fucile e il tedesco ancora:
-Genug haben !-, ma lei imperterrita insiste e lo centra ancora su una spalla, a quel punto il soldato si alza, posa il fucile a terra, la bambina tenta di fuggire viene però acciuffata e sonoramente sculacciata. Albertina piangente corre a casa di corsa dalla mamma e gli racconta l'accaduto, la mamma naturalmente si arrabbia con la figlia e gli raccomanda di andare subito a scusarsi con il soldato, non si sa mai a volte per scatenare ripercussioni sulla persone inermi basta molto meno e poi quei soldati dormono nella loro casa. Stavolta Albertina è impaurita sa di averla fatta grossa e capisce che bisogna chiedere scusa e parte per mano con la mamma nell'aia alla ricerca del soldato. Trovano l'uomo che si sta adoperando a dar da mangiare ai muli, subito la mamma frettolosamente e con paura batte sulla spalla dell'uomo e immediatamente chiede perdono per l'accaduto promettendogli che questo non sarebbe più accaduto, Albertina annuisce alle parole della mamma, il soldato capisce e in un italiano stentato risponde:
-No problema-, fa poi un cenno alla piccola di aspettare, va verso la sua bisaccia e tira fuori una barra di cioccolato fondente Van Houten (n.d.r: marca di cioccolato olandese) e lo porge alla bambina accarezzandole il visino. Da quel momento fra Albertina e il soldato nascerà una profonda e sincera simpatia,un'amicizia.Albertina ogni giorno è nell'aia in barba a tutti i divieti dei genitori,insieme al suo nuovo amico soldato Lucas o semplicemente Lucky per gli amici. Il tedesco dai ricordi della bambina si chiamava Lucas, ma tutti i suoi commilitoni come detto lo chiamavano Lucky. Agli occhi della piccola quest'uomo era già molto diverso da tutti gli adulti che conosceva:aveva circa trent'anni, robusto, alto, biondo e con gli occhi celesti come il mare e questo gli appariva già di per se molto strano abituata a vedere uomini mori e di statura media, addirittura poi si ricordava pure della città di provenienza che era Augusta (la piccola si rammenta anche la città  perchè si chiamava così anche la sua zia...), terza città bavarese per popolosità.Così anche Lucas prende a ben volere quella bambina gallicanese che gli ricordava molto la sua piccola figlia Elga, anche lei nata nel 1936 come Albertina, anche lei mingherlina e castana e ormai purtroppo erano già passati due lunghi anni dall'ultima volta che l'aveva vista insieme alla cara moglie.Tutti i giorni il tedesco mostra così alla piccola Albertina le foto della sua bimba, di sua moglie e di un piccolo cane nero,mentre la mamma ormai rassegnata alla disobbedienza della figlia la osserva sempre con occhio vigile dalla finestra di casa.Alla fine della giornata,al rincasare il saluto fra la strana coppia di amici si svolge sempre nella solita maniera: Lucky ogni fine giornata allunga sempre qualche preziosa cibaria alla piccola e poi raccomandandole il silenzio più assoluto mettendosi il dito indice vicino naso gli dice:
-Shhh,Hitler und Mussolini sind scheißt- (n.d.r:"Shhh,Hitler e Mussolini sono delle merde"), così ogni volta. Il tempo passa e fra Albertina e Lucky l'amicizia si è consolidata. Albertina ha imparato a contare fino a dieci in tedesco e così ha fatto anche
Atto ufficiale del comune di Gallicano
del 1945 che attesta la liberazione
del paese il 9 ottobre '44
(documento gentilmente concesso
 da Claudia da Prato)

il soldato che a sua volta ha imparato anche lui a contare fino a dieci in italiano e che dire poi delle risate che si fanno quando insieme cantano "Quel mazzolin di fiori".Arriva così anche la fine di quell'estate del '44, i bombardamenti alleati si fanno sempre più insistenti, la V^ armata americana comandata dal generale Mark Wayne Clark e i brasiliani della F.E.B (n.d.r: Força Expedicionária Brasileira)del comandante Joao de Morais stanno risalendo velocemente il Serchio e il 9 ottobre 1944 entrano in Gallicano liberandolo, è un grande tripudio e una felicità per tutta la popolazione, ma fra tutta questa felicità c'e una bambina triste, la piccola Albertina ha perso il suo amico soldato, quell'aia ormai è vuota e senza significato, i tedeschi si sono ritirati sui monti circostanti e hanno di conseguenza spostato il proprio comando a Castelnuovo Garfagnana. I mesi trascorrono, Albertina ha cominciato a capire l'importanza di tale evento,il significato di libertà incomincia a entrare nella sua testolina dato che per la sua giovane età ancora non l'ha mai assaporata, solamente l'aria che si respira in paese e le facce distese delle persone mettono il buon umore. Ma purtroppo non è finita lì e nei giorni più belli dell'anno,quelli di Natale, scattò inesorabilmente l'operazione "Wintergewitter"(n.d.r:"Tempesta d'inverno".Per la cronaca di quella battaglia leggi: http://paolomarzi.blogspot.it/2014/12/il-piu-tragico-natale-che-la-garfagnana.html), i tedeschi lanciano a sorpresa questa controffensiva e il 27 dicembre 1944 hanno già
rioccupato nuovamente Gallicano.Albertina dentro il suo misero cappottino si mise sul cancello dell'aia sotto un sferzante vento gelido aspettando il ritorno dell'amico soldato.La piccola ormai si era resa conto che la sua amicizia sarebbe comunque finita, ma il
desiderio di salutarlo per un ultima volta era grande. Il soldato non passò mai da quel cancello.Cinque giorni dopo i tedeschi si ritirarono di nuovo sulle montagne, gli alleati con l'aiuto dei Gurkha nepalesi dell' 8^ divisione Indiana e di un massiccio bombardamento ricacciarono indietro il nemico e con quella anche l'ultima speranza di rivedere Lucky fu miserevolmente persa.Nella primavera del 1945 le sorti della guerra erano segnate, nelle file naziste e in quelle della Repubblica Sociale si moltiplicarono le diserzioni, molti si consegnarono anche agli alleati. Il 18 aprile gli americani fecero scattare l'operazione "Second Wind", un azione combinata di mitragliamenti e bombardamenti che risaliva da Gallicano verso la Garfagnana. Il 20 aprile '45 Castelnuovo fu liberata, gli ultimi baluardi di resistenza ci furono verso Piazza al Serchio, ma entro il 25 aprile tutta la valle era definitivamente libera dall'oppressione nazista. Albertina anche quando diventò grande non smise mai di pensare e pregare per quel soldato, nel sogno che un giorno abbia fatto ritorno sano e salvo a casa dalla sua piccola Elga.
"Questo racconto lo dedico a colei che a quel tempo era la piccola Albertina e che purtroppo oggi non c'è più.Dopo 27 anni da quei fatti Albertina diventò la mia mamma".
In seguito la mamma, nonostante le insistenze dei familiari non volle mai fare ricerca di Lucas (pur sapendo abbastanza notizie per identificarlo) per paura e il dispiacere di
La Divisione Buffalo (composta da solo negri)
furono i primi americani
ad entrare in Garfagnana

saperlo morto nella ritirata.Lei lo voleva immaginare a casa, in Germania vicino al camino acceso con la sua piccola Elga sulle ginocchia che raccontava che in Italia durante la guerra aveva conosciuto una bimba come lei, graziosa e vivace di nome Albertina.

giovedì 16 aprile 2015

Le fate garfagnine, la loro origine, il loro carattere e la loro casa...

La Pania di Corfino
La Garfagnana è da sempre abitata dagli esseri più fantasiosi e bizzarri, le nostre tradizioni parlano di buffardelli (per la sua storia vedi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/05/il-buffardello-folletto.html ), linchetti, streghe, streghi per continuare poi con l'omo selvatico (leggi anche http://paolomarzi.blogspot.itl-mito-dell-omo-selvatico.htmlhttp://paolomarzi.blogspot.it/2014/06/il-mito-dell-omo-selvatico-signore-del.html) e i vari esseri avvistati per le nostre montagne, il tutto degno dei migliori romanzi fantastici di J.J.R Tolkien (l'autore de "Il Signore degli Anellli") e pensare che abbiamo un posto nella nostre valle che è il luogo per eccellenza dove abitano gli esseri più
Un buffardello
fantastici e buoni che la fantasia umana abbia creato. Chi per una volta nella vita (specialmente le bambine) non ha mai ambito a diventare una fata? Questi personaggi fra tutti quelli della tradizione garfagnina sono quelli a cui si fa meno "pubblicità", perchè molto probabilmente un buffardello dispettoso o uno strego cattivo fa più notizia di una fata buona, come sapete e come i migliori giornalisti insegnano la notizia cattiva fa più "rumore" di una buona. Ma oggi è arrivato il momento di dare rivalsa alle fate ed è giusto che tutti imparino a conoscere questi esseri ingiustamente bistratti perchè troppo buoni ( e neanche questo è vero...) e chi per caso volesse andare a fargli visita e avesse la fortuna di incontrarle vi dico che la loro casa è...sulla Pania di Corfino.Nei racconti popolari garfagnini la fata nonostante tutto ha un certo rilievo, addirittura un importante studio del 1927 fatto da Nino Massaroli ci dice che possono apparire sotto varie forme come ad esempio quella di una vecchietta pulita,linda, dall'aria casalinga e simpatica o sennò nell'aspetto più classico come pare essere quello riferito alle fate della Pania di Corfino,chi le ha viste le descrive non molto alte, dall'aspetto gracile e dalla pelle chiarissima, i loro abiti sono velati e di un solo colore che rispecchia la loro
Una fata dipinta da
Luis Ricardo Falero
personalità, inoltre questi vestiti sono lunghissimi per coprire eventuali deformità (quasi ogni fata presenta una parte del corpo con code o zoccoli o quant'altro di bizzarro),in più hanno dei capelli belli e lunghissimi.La loro nascita è avvolta nel mistero,si dice che siano prodotti spontanei della natura,e
sse hanno un preciso incarico, un esatto compito: disfare i malefici delle streghe,difendere le creature impossessate dai geni del male e dai mostri della notte,la loro indole infatti è principalmente buona, ma è giusto dire che sono molto vanitose e egocentriche per non parlare poi della loro permalosità e della loro irascibilità, un solo torto può scatenare la loro ira e può spingerle a lanciare fra le più potenti maledizioni conosciute.Sulla Pania di Corfino ci sono delle grotte abitate dalle fate,all'interno di una di queste si trovano molte stanze,qualcuno sembra averci visto tavoli e sedie di pietra.La gente dice che nei giorni di sole si vedevano i loro panni stesi ad asciugare sulle rocce,si trattava di tele molto pregiate e belle che le donne del paese avrebbero fatto carte false per possederle.Ma le fate sono molto gelose, a nessuno è permesso avvicinarsi ai loro posti, è già successo però che qualche pastore del luogo si sia impossessato di questa stoffa leggera e trasparente per portarla alla propria moglie, ma la notte le fate sono scese nella sua casa e hanno cominciato a lamentarsi e a piangere per notti e notti fino a che il pastore restituì ciò che aveva rubato. C'è un'altra storia sulle Fate di Corfino che ci fa capire che anche loro bene o male hanno le loro simpatie. Accadde ad un uomo che aveva la gobba che passando vicino alla grotta senti le fate che cantavano una melodia che ripeteva in continuazione:
"Lunedì...Martedì...Lunedì...Martedì", il gobbo spontaneamente rispose:
"Mercoledì...Giovedì...Mercoledì...Giovedì",alle fate  piacque il ritornello e in men che non si dica ringraziarono l'uomo e gli fecero sparire la gobba.Un altro gobbo del paese avendo saputo l'accaduto si recò alla grotta e a tale cantilena aggiunse il Venerdì e il Sabato, ma alle fate non piacque, anche perchè il Venerdì era il giorno in cui si dovevano trasformare in serpenti, così il malcapitato invece di trovarsi senza gobba se ne trovò due. Sempre a proposito delle fate di Corfino dice Georg Fausch (autore del libro "Testi dialettali e tradizioni popolari della Garfagnana") che "insegnarono ad un bambino a fare la ricotta ed il formaggio,ma non a far l'olio perchè i genitori vennero a prenderlo" .Per
La Grotta delle Fate (foto di Loriano Lucchesi)
concludere si ha notizia anche di un figlio delle fate, tale Biricalzè, raccolto dai contadini del luogo in una grotta delle fate perchè creduto abbandonato, fatto sta che le fate stesse se lo vennero a riprendere a gran voce chiamandolo tutta la notte... Si perchè chi è fata lo è per sempre, perchè si dice che non muoiono finchè ci sarà qualcuno che crede in loro.

venerdì 10 aprile 2015

Il Pascoli conteso. Ecco l'assurda e tormentata vicenda che vide coinvolte le mortali spoglie del poeta...

Giovanni Pascoli
E' il destino dei grandi personaggi che il loro corpo una volta cessata la loro vita terrena venga conteso fra le città di nascita e quelle di adozione, così successe al Sommo Poeta Dante Alighieri morto a Ravenna nel 1321 e li sepolto, dove pochi anni dopo sua la morte i fiorentini cominciarono a reclamare le sue spoglie, ma non ci fu niente da fare il suo corpo rimase in terra romagnola e così successe pure a uno dei nostri più illustri ospiti:Giovanni Pascoli.Proprio in questi giorni ricorre l'anniversario della sua morte e di tutta l'assurda vicenda che capitò dopo che il poeta esalò il suo ultimo respiro in quel di Bologna.Partiamo allora dall'inizio (anzi dalla fine...) di questa incredibile storia che vide il Pascoli partire in treno da Castelvecchio il 17 febbraio 1912 per curarsi nel capoluogo emiliano a quel tumore allo stomaco che lo stava annientando. Il suo fu un calvario che durò circa due mesi e il 6 aprile dello stesso anno dopo un agonia di 36 ore a 56 anni morì nella sua casa bolognese in Via dell'Osservanza al n°4(per gli ultimi giorni di vita del Pascoli leggihttp://paolomarzi.blogspot.it//6-aprile-1912-gli-ultimi-istanti-). Da quell'attimo il corpo senza vita del poeta non troverà pace, infatti di li a poco si scateneranno tumultuose discussioni sul luogo del suo eterno riposo.I romagnoli a gran voce reclamavano i loro diritti di sepoltura poichè dicevano che la tomba di famiglia era nella loro terra e poi si rifacevano ad una aleatoria volontà che la si poteva leggere nella poesia "I Gigli" dove si dice:
La casa bolognese
di Via dell'Osservanza oggi,
dove il Pascoli morì



"...Maria mi porti
nella mia casa 
per morirvi in pace
presso i miei morti"

Da San Mauro di Romagna (paese natale del poeta) era partita una delegazione per difendere anche con un atto di forza quello che per loro era considerato "un sacro diritto", a Mariù (l'amata sorella) fu proposto anche di tumularlo a Bologna accanto all'antico maestro Giosuè Carducci (morto cinque anni prima) nella Certosa cittadina o sennò nella Basilica di Santo Stefano,ma lei rimase ferma e sicura nei suoi intenti,il fratello doveva essere seppellito a Castelvecchio,così come egli aveva espresso nei suoi ultimi anni di vita e così poi come aveva scritto in uno dei sui ultimi componimenti:

"C'hio ritorni al campanile
del mio bel San Niccolò (n.d.r:la chiesa di Castelvecchio)
dove l'anima gentile
finalmente adegerò"

La decisione della sorella fu poi rinfrancata prontamente da un telegramma che veniva proprio da Castelvecchio che citava:"Popolazione intera Castelvecchio STOP addoloratissima grande sventura suo Giovannino STOP mostra suo dolore profondo unanime STOP implorando reclamando ultimo conforto venerata salma STOP ombra salici piangenti STOP",firmato Don Barrè, parroco di Castelvecchio. Insomma era una lite ed un contenzioso a "colpi" di poesia fra emiliani e toscani, tutto questo mentre nelle camera ardente allestita nella sua casa bolognese ci fu una gran folla a dare l'ultimo saluto, politici (quelli non mancano mai...),personalità culturali e sopratutto gente comune,fu una lunga fila che durò per due giorni interi. Si arrivò poi al giorno dei funerali il 9 aprile 1912 
I funerali bolognesi nella basilica
di San Petronio
celebrati nella cattedrale di San Petronio. Dopo i funerali la salma partì quasi di corsa alla volta della Valle del Serchio su un treno speciale su cui viaggiavano professori universitari e politici, fra cui il ministro dell'istruzione Credaro. Ad ogni stazione il treno veniva salutato da tantissima gente che lanciava fiori al treno in corsa ma una volta valicato l'Appennino cominciò anche a piovere. Finalmente fu raggiunta Lucca e il prefetto Carafa intravedendo strane manovre a livello massonico e politico (di li a poco ci sarebbero state le elezioni) decise che fossero chiusi i cancelli della stazione e che in nessuna maniera fossero tributate solenni onoranze alla salma, tutta la zona era presidiata da contingenti di polizia e carabinieri che avevano l'ordine di non far passare la gente, ma la folla che si era recata a salutare il passaggio della
La folla ai funerali bolognesi del Pascoli
salma era già formata da "parecchie migliaia di persone" come ebbe a dire il giornale socialista "La Sementa" e tutte le misure di sicurezza si andarono a farsi benedire, i cancelli furono aperti di forza e una fiumana di persone invase la stazione, faticosamente si riuscì in qualche maniera a fare il trasbordo della salma su un altro treno che ripartì alla volta della stazione di Fornaci di Barga. Era ormai notte quando il treno raggiunse Fornaci e la pioggia si era fatta 
veramente incessante e violenta.La banda musicale cittadina che lo attendeva in stazione suonava la marcia funebre di Chopin e precedeva tutto il corteo funebre che si diresse verso il cimitero di Barga sotto un vero e proprio diluvio, fu un procedere lento e con grande difficoltà nel buio di una strada che ormai era ridotta ad un vero e proprio fiume, il vento spegneva le fiaccole e scompigliava le ghirlande. Era stata fatta poca strada dal carro funebre trainato da cavalli quando la mesta processione fu costretta a fermarsi nelle vicinanze di un casolare per la via di Loppia, a quel punto la tensione salì alla stelle, in molti non capivano il perchè non si poteva aspettare la mattina seguente,alcuni se la
La casa dove nacque il Pascoli
a San Mauro di Romagna
presero con il commissario prefettizio Salerni che diede ordine di raggiungere il cimitero di Barga a qualsiasi costo per paura di
"disordini sociali",si tentò comunque di tornare indietro e di far sostare il corpo senza vita del poeta in una sala della stazione ferroviaria di Fornaci, ma ci si mise anche la sorella Mariù che volle procedere senza esitazione anche lei verso Barga. Si raggiunse così in qualche maniera la cittadina e a quel punto alcuni studenti bolognesi (che già avevano rumoreggiato al funerale) insieme ad alcuni cittadini di San Mauro di Romagna cominciarono a protestare perchè non volevano che la salma fosse benedetta dal parroco Don Barrè, ma il prete "per volontà della sorella" benedì la salma ma senza esequie solenni e una volta raggiunto il cimitero il feretro in tutta fretta fu rinchiuso in un loculo provvisorio.Tutto intorno era sorvegliato da forze dell'ordine con proiettile in canna:la paura maggiore era che il corpo fosse trafugato (n.d.r: così successe anche a Dante).Con grande sollievo comunque il commissario prefettizio si affrettò a telegrafare alla Prefettura:
La lapide del loculo (ancora oggi vuota)
nel cimitero di Barga dove il poeta
fu posto provvisoriamente per 6 mesi

"Sotto pioggia torrenziale salma Pascoli STOP trasportata cimitero e tumulata ore 23 STOP nessun incidente STOP".
Il timore che le spoglie del poeta nonostante l'inumazione fossero ancora sottratte crebbe con i giorni a venire,i cittadini di San Mauro si diceva non si sarebbero dati pace finchè il loro amato concittadino non fosse stato seppellito nella sua terra natia, furono rafforzate così le misure di sicurezza, per altri giorni ancora, guardie comunali insieme alla forestale ed ai carabinieri reali fecero a turno per far la guardia. Giovanni Pascoli rimase nel
6 ottobre 1912 finalmente il poeta
troverà pace definitiva a Castelvecchio
loculo, dentro "la grave cassa di noce" per alcuni mesi ancora e finalmente quando le acque si calmarono il 6 ottobre 1912 dopo una grande commemorazione al teatro dei Differenti di Barga con la presenza anche del grande "fratello d'arte" Giacomo Puccini fu trasportato tra fiori,bandiere ed un addolorato suono di campane nella cappellina di Castelvecchio dove la sorella aveva deciso di metterlo in un sarcofago esterno visto che negli ultimi giorni di vita Giovannino aveva espresso l'orrore di andare sotto terra.Oggi il nostro
Il sarcofago dove è custodito
Giovanni Pascoli oggi
illustre ospite è ancora lì, a riposare finalmente in pace e come ci ricordava nella sua prima raccolta di poesie Myricae:


"La vita è bella,è tutta bella,cioè sarebbe,se noi non la guastassimo a noi e agli altri."

sabato 4 aprile 2015

Garfagnana 1451:quando la Pasqua non voleva dire uovo di cioccolato,ma bensì autoflagellazione e corona di spine...

Si fa presto a dire Pasqua.Oggi quando si dice Pasqua ci viene subito in mente l'uovo di cioccolato,il luculliano pranzo del dì di festa o il seguente giorno del lunedì dell'Angelo quando andiamo a far "merendelle" per i prati.Ma non è stato sempre così, anzi, le ricorrenze di quei giorni della Settimana Santa in Garfagnana di qualche secolo fa erano lugubri e tristi,più che festeggiare bisogna pentirsi ed espiare attraverso le sacre rappresentazioni,anche se di rappresentazione avevano ben poco...qui si faceva sul serio.Il Concilio di Trento (1545-1563) ha costituito un momento importante per lo sviluppo  e l'evoluzione delle sacre rappresentazioni.Nei secoli passati in Italia avevamo avuto un nascere incontrollato di riti, si approfittava di ogni occasione e di ogni ricorrenza per manifestare la fede.In seguito alle decisioni di Trento furono limitate ed in alcuni casi anche impedite.Quelle manifestazioni erano diventate troppo rumorose e disordinate che il popolo riteneva giusto celebrare dentro gli edifici sacri.Si decise quindi per la sopravvivenza dei riti più importanti,fra questi appunto continuò a vivere la Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo da farsi durante la Settimana Santa. Questa consolidata tradizione intorno al 1600-1700 subì sopratutto in Garfagnana una spinta maggiore dovuta alle grandi predicazioni dei gesuiti che proliferavano in zona e pensare che di questa spinta ulteriore non ne avevamo proprio bisogno dato che il nostro fervore religioso era già a dir poco alto se nel 1451 a Castelnuovo venne costituita una confraternita di flagellanti:la Compagnia della Croce (n.d.r:gli antenati dell'attuale Misericordia di Castelnuovo) fondata dal francescano frà Francesco Corso, essi furono autori di meritevoli iniziative, dall'assistenza ai  bisognosi a quella dei malati che poi in seguito porteranno anche alla fondazione dell'omonimo (e attuale) ospedale, il"Santa Croce" di Castelnuovo Garfagnana, ma è anche giusto
l'autoflagellazione
ricordare che per il periodo pasquale ( e non solo) questa confraternita si attivava in estenuanti preghiere e addirittura nella fustigazione volontaria, questa autoflagellazione avveniva in pubblico nella piazza principale del paese e veniva considerata una forma di penitenza. Fu un movimento questo in Garfagnana che arrivava a organizzare processioni nel giorno del venerdì santo composte da un migliaio di persone, processioni interminabili, che coinvolgevano ogni strato sociale:dal povero al ricco e che attraversava e toccava ogni posto e località della cittadina garfagnina, i penitenti facevano uso di corona di spine,del cilicio (n.d.r: cinghia contornata da uncini e costellata di nodi che veniva stretta o intorno alla vita o alla coscia in modo da provocare un dolore forte e costante) e tutti i confratelli si frustavano a sangue, il tutto (dicevano) per soffrire come soffrì Cristo sulla Croce.Ma è bene dire ad onor del vero che questo strazio fu vietato da Papa Alessandro IV nel 1261 (e ribadito ancora nel Concilio di Costanza del 1417), ma che poi in barba alle leggi del Santo Padre fu continuato per secoli ancora e nel 1700 circa eravamo sempre alle solite.Come detto questa volta erano i gesuiti, predicatori in Garfagnana che affermarono ancora questa "tradizione" pasquale, convinti nel fatto che la fantasia popolare andasse colpita il più possibile, per garantire un attaccamento sempre maggiore, quasi morboso alla fede cristiana. I sapienti predicatori utilizzavano l'arte oratoria e con sapienza marcavano le loro gesta e i loro movimenti erano teatrali e queste processioni nonostante il divieto papale continuavano ad essere un supplizio: i partecipanti questa volta incappucciati ed incatenati continuavano a portare il cilicio e sopra il nero cappuccio la irta corona di spine, il tutto nella surreale atmosfera creata dall'oscurità, rotta sola dalla
Il cilicio
tremolante luce della fiaccole.Una volta arrivati nella cima di una collinetta nei pressi di San Carlo il predicatore si ergeva sul palco ed inscenava momenti della Passione e della dannazione dei peccatori...Che dire! Per fortuna una volta ogni tanto i tempi cambiano in meglio...