martedì 30 agosto 2016

Un partigiano scomodo: Manrico Ducceschi alias "Pippo". Un'ennesima storia che appartiene ai misteri d'Italia

Manrico Ducceschi
Il mio amico Stefano mi ha sempre stimolato(giustamente) ad interessarmi alla vita di quest'uomo di cui andrò a raccontare e che proprio il 26 agosto scorso ricorreva l'anniversario di morte. Stimolato dalla curiosità mi sono messo sotto e dopo approfondite ricerche  ho avuto conferma per l'ennesima volta di una teoria che aveva un mio vecchio professore di storia e diceva pressapoco così: "...la storia è fatta dagli uomini, alcuni di questi uomini il fato (ma non solo...) vuole che rimangono agli onori della cronaca, altri ancora che questa storia hanno contribuito anch'essi a scriverla in maniera sostanziale, spesso e volutamente rimangono dimenticati". Per questo mi pare giusto e doveroso ricordare questi personaggi anche se hanno da raccontarci vicende fastidiose, poco chiare e a dir poco misteriose. Questo articolo ha infatti l'intento di riportare a galla la storia di un partigiano "anomalo" e scomodo allo stesso tempo: Manrico Ducceschi, nome di battaglia "Pippo", che attraverso le sue azioni contribuì anche alla liberazione della Garfagnana dal nazi-fascismo. Questi accadimenti che andrò a narrare fanno parte di quei fatti ormai (oserei dire) tipicamente italiani, dove tutto è sempre nebuloso e spesso manipolato, la storia d'Italia infatti è piena di queste vicende, dal delitto Moro,a Ustica per arrivare perfino al referendum monarchia Repubblica...Ecco, a questi fatti appartiene anche la storia di "Pippo".
Manrico nacque lontano dalle nostre terre, nacque a Capua in provincia di Caserta l'11 settembre del 1920, la sua nascita in terra di Campania è puramente casuale ed avviene durante un viaggio della madre. La famiglia infatti è di Pistoia, città in cui vive insieme al padre Fernando (agronomo di professione), alla mamma Matilde e alla sorellina Leila. La vita scorre tranquilla, il ragazzo frequenta l'antico liceo "Forteguerri", non si interessa di niente in particolare, gli stravolgimenti politici del tempo non lo toccano minimamente, il suo profitto a scuola per di più non è niente di eccezionale, il ragazzo indubbiamente è intelligente- ma come dicono i professori- il suo conformismo gli tarpa le ali.
"Pippo" in gioventù sulle nevi
 dell'Abetone
(foto tratte dal blog:
 "Manrico Ducceschi detto Pippo
comandante XI zona")
Comunque sia, finito il liceo gli si aprono le porte dell'università, la facoltà di lettere di Firenze lo aspetta e in questo caso anche con profitto. Il suo torpore sociale finisce in quegli anni, prende contatti con "Giustizia e libertà" (n.d.r: movimento politico liberal-socialista), non trovando però conformità di idee. Gli anni passano e arriviamo ai giorni seguenti all'armistizio dell'8 settembre, Manrico si trova a Tarquinia dove frequenta la scuola di allievi ufficiali nel V reggimento alpini. Il caos in quei giorni è totale,nonostante tutto fortunatamente riesce a sfuggire all'arresto dei nazisti che lo vogliono arruolare nelle milizie della R.S.I e così in qualche maniera riesce a tornare a Pistoia, poi a Firenze dove si mette in contatto con il Partito di Azione. In quel giorno nasce così la leggenda di "Pippo" che viene inviato subito sulla montagna pistoiese con pochi compagni dove dapprima assume il nome di battaglia di "Pontito", mostrando ben presto capacità organizzative notevoli. Nel settembre 1944 fonda la brigata "Rosselli" che prende anche contatti con il Comitato di Liberazione Nazionale di Lucca, costituendo di fatto una rete di nuovi combattenti e simpatizzanti e con l'aiuto di preti, pastori e qualche carabiniere riesce a tessere una rete di informatori di tutto rispetto, riuscendo così, grazie a queste informazioni a portare a termine le prime azioni di sabotaggio, preludio dei successi che otterrà nei seguenti mesi. L'entusiasmo per questa impresa è alle stelle, il nuovo nome di battaglia lo inorgoglisce:"Pippo", era di fatto anche il soprannome di Giuseppe Mazzini e questo è un motivo in più per proseguire la sua lotta. Il quartier generale d Pippo è sull'Alpe delle Tre Potenze, zona nevralgica fra le province di Pistoia, Lucca, e Modena, di li può coordinare tutte le azioni belliche sulla Linea Gotica, coprendo di fatto la Val di Lima, L'Abetone e la Garfagnana. Il 16 marzo 1944 la formazione partigiana da lui comandata assumerà la denominazione ufficiale di "Esercito di Liberazione Nazionale-XI Zona Militare Patriotti", prendendo l'impegno sempre gelosamente difeso dal suo capo in persona di darsi finalità assolutamente apolitiche, nelle divisioni di partito vedeva proprio un serio ostacolo per una rapida vittoria contro il nazi-fascismo, da qui si cominciò ad attirare le prime
Pippo dal balcone saluta i suoi uomini
 dopo una riuscita incursione
(foto tratte dal blog:
 "Manrico Ducceschi detto Pippo
comandante XI zona") 
forti antipatie... 
Vale la pena, a questo proposito, citare un brano scritto da Maria Luigia Guaita, inviata presso di lui dal CTLN (n.d.r: comitato toscano liberazione nazionale) per ottenerne una relazione:


"Pippo era uno dei comandanti più autorevoli e stimati di tutta la Toscana.Già a giugno aveva sotto di sé più di mille uomini ormai equipaggiati e armati, era la formazione più forte di tutto il pistoiese e dintorni.Era il migliore dei nostri comandanti.Lo ricordavo appena dieci mesi prima studente di lettere timido, serio, il più giovane fra gli amici, ora lo guardavo comandante partigiano, ancora più magro, più calvo, ma abbronzato e sicuro di sé, incuteva soggezione e affetto, gli dissi quello che volevano conoscere al comando militare. Tornò con le indicazioni richieste, allora gli mostrai varie copie dei punti programmatici del Partito d’Azione e altri opuscoli di propaganda. Per i politici era importante quanto il combattere che i partigiani maturassero nelle idee. Pippo sorrideva:-Non li butterai mica via?- gli dissi-Ci costano tanto di ansie e di soldi!- -E chissà quante discussioni- disse Pippo e rideva, mi accorsi che nel fondo era triste e deluso, scuoteva la testa".

La politica a lui non interessava per questo si distaccò sempre di più dai comitati di liberazione nazionale prediligendo di fatto la collaborazione con gli alleati. La scelta di Pippo era prettamente militare a lui non interessavano gli equilibri politici, a lui interessava la libertà del suo Paese e questo lo dimostrò in pieno con azioni militari precise e calibrate, vere e proprie battaglie venivano ingaggiate con i tedeschi, supportate anche dall'aviazione americana. I rapporti con gli alleati e con l'esercito brasiliano saranno sempre più stretti e porteranno al clamoroso successo dell'otto giugno 1944 nei pressi dell'Abetone dove dopo scontri a fuoco con i soldati della Repubblica Sociale vennero recuperati importantissimi documenti militari, alcuni dei quali ancora oggi secretati negli archivi statunitensi. Arriveranno anche i successi con la esse maiuscola in Garfagnana(coadiuvati sempre dalla V armata americana) con la liberazione di Bagni di Lucca il 28 settembre, poi Barga il 9 ottobre. Oramai la brigata partigiana di Pippo era un tutt'uno con gli americani tant'è che entrerà  a far parte in pianta stabile dell'esercito alleato prestando servizio "come truppe di linea inquadrata in forma di reparto regolare ed organico" indossando addirittura divise ed equipaggiamento americano. Presero parte anche nella famosa "Battaglia di Natale" (la battaglia più famosa di tutta la Valle del Serchio) dove persero parecchi uomini, riuscirono però a "tenere botta" alla prorompente forza tedesca,
Autocolonna brasiliana che scende
 la Val di Lima(foto tratte dal blog:
 "Manrico Ducceschi detto Pippo
comandante XI zona")
dando così il tempo necessario alle truppe americane di potersi riorganizzare. Si era ormai però agli sgoccioli della guerra, i tedeschi battevano in ritirata e l'XI Zona di Pippo era una fra le poche formazioni partigiane (l'unica in Toscana) che fu mantenuta in piena efficienza (n.d.r: alle altre formazioni partigiane una volta liberato il territorio veniva imposto dagli alleati il disarmo e lo scioglimento della stessa), gli americani inoltre concessero l'onore a Pippo e ai suoi uomini di avanzare insieme a loro nell'offensiva finale partecipando fattivamente alla liberazione di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza per entrare poi trionfalmente a Milano. La fama di Pippo era alle stelle, gli alleati continuavano a dargli onori e gratitudine, venne infatti accordato ulteriormente di: "tenere le armi e combattere fino ai territori tedeschi", onore che non avrà il tempo di godere poichè la Germania capitolò. La storia partigiana di Pippo finì poco dopo, tutta la formazione dell' XI Zona rientrò all'Abetone con armi e automezzi e li ci fu lo sciogliete le righe. Gli americani a fine conflitto conferirono a Pippo l'alta onorificenza america della Bronze Star Medal, uno dei maggiori riconoscimenti militari degli Stati Uniti d'America, ma però nel contempo le più pericolose gelosie aumentavano...



La bronze star Medal
di Manrico (foto tratta
dal blog "Manrico Ducceschi
detto Pippo comandante XI Zona")
Qui, a guerra finita comincia un'altra storia,la più misteriosa, la più sporca e la più triste. Manrico nel dopoguerra si trasferisce a Lucca dove risiede in Piazza San Michele, non è un buon momento per il comandante, adesso che la lotta armata è finita sono le diatribe politiche quelle che tengono banco, quelle che lui aveva sempre odiato, per di più alcuni processi pendono sul suo capo per azioni e condanne decretate nei confronti dei fascisti colpevoli,da questi
processi esce comunque sempre assolto. Arrivano così i delicati anni fra il 1947 e il 1948, anni complicati, l'assetto politico è instabile e non certo privo di pericoli. Le elezioni dell'aprile '48 e il conseguente attentato a Togliatti portano l'Italia sull'orlo di un'altra guerra civile. Pippo viene contattato nuovamente dagli americani è pronto a tornare in gioco per scongiurare un eventuale "pericolo rosso", ma rifiuta poi di riprendere le armi perchè coinvolti in questa operazione anche ex fascisti, fattostà che Il 24 agosto 1948 Pippo deve recarsi a Roma ma al ritorno ha già preannunciato che denuncerà fatti e circostanze che offuscano l'operato di alcuni gruppi partigiani. Viene rinvenuto  in casa, impiccato con la cintura dei propri pantaloni da alcuni componenti della formazione a lui molto vicini il giorno 26,  e inizierà così il mistero relativo alla sua morte. Ecco quindi a tal proposito un articolo de "Il Tirreno" di Laura Poggiani nipote di Manrico:


"..In questo contesto la mattina del 26 agosto 1948, fu rinvenuto cadavere nella sua casa di Lucca il Comandante partigiano Manrico “Pippo” Ducceschi. Alle ore 14 di quel giorno infatti, i più stretti collaboratori di “Pippo” ossia Giuliano Brancolini, Mario De Maria e Enrico Giannini si presentarono  al Comando Guardie di P.S. per denunciarne la morte e successivamente gli inquirenti, recatisi sul posto, dopo i sopralluoghi di rito, decisero di procedere con l’autopsia. Questa, eseguita il giorno seguente, metteva in rilievo come la morte risalisse al giorno 24 e che fosse compatibile con l’asfissia per impiccagione. Se da un lato, però, le indagini sembravano preponderare per l’ipotesi di un suicidio, dall’altro risultavano falsate dalla mancata acquisizione agli atti dell’Autorità Giudiziaria dell’archivio rinvenuto in casa di “Pippo”. Malgrado ciò l’inchiesta portò all’individuazione, proprio nei più stretti esponenti od ex esponenti della formazione, di possibili responsabili fino
I funerali di Manrico Ducceschi
(foto tratte dal blog:
 "Manrico Ducceschi detto Pippo
comandante XI zona")
addirittura  al  fermo del segretario di “Pippo”, nonché suo vicino di casa, Franco Caramelli che fu poi rilasciato in mancanza di prove inconfutabili di omicidio. 
Per molti, anche storici, la vicenda della morte di “Pippo” si conclude qui ignorando o omettendo gli sviluppi successivi. L’inchiesta riprende, con maggior vigore, allorquando, negli anni ’70 gli inquirenti, su segnalazione di un carabiniere di Castelnuovo Garfagnana, riapriranno l’inchiesta per omicidio indagando, prevalentemente, sulla traccia, già evidenziata ma non percorsa nella prima indagine, della pista slavo/comunista. L’indagine, stavolta darà vita a un processo per omicidio che però porterà alle stesse conclusioni dell’inchiesta precedente, ossia che non vi sono prove certe di omicidio.
Si potrebbe pensare che a questo punto che la storia sulla morte di “Pippo” si esaurisca qui ma, come in ogni buon giallo, ecco il colpo di scena. Nel 1981 una segnalazione anonima ad un magistrato mette per la prima volta in correlazione la morte di “Pippo” con un ben noto faccendiere pistoiese: Licio Gelli (n.d.r:capo della loggia massonica P2). A lui , in questo anonimo, si attribuisce anche la morte di un altro noto Comandante partigiano: Silvano Fedi. Poiché  molti degli uomini  della formazione di Fedi confluirono nella formazione di “Pippo” si ravvisa che quest’ultimo conoscesse bene le circostanze e i mandanti della morte di Silvano. Si riapre quindi l’inchiesta con un teste di eccezione: il giornalista Marcello Coppetti che proprio in quegli anni aveva effettuato una ricerca certosina sull’argomento e così scriveva nei suoi appunti circa l’agguato a Silvano Fedi: “Durante l’agguato alcuni partigiani si salvano. Uno di essi ha la prova che Gelli è l’autore dell’agguato. Tale prova sarebbe stata contenuta nell’archivio in possesso di Manrico DUCCESCHI detto “Pippo”. Quando “Pippo” viene trovato morto nella
La tomba di Pippo
(foto tratte dal blog:
 "Manrico Ducceschi detto Pippo
comandante XI zona")
sua casa molti fascicoli del suo archivio sono “ripuliti”. Come mai? Pippo è morto naturalmente o l’hanno ucciso? Da chi viene ripulito l’archivio di Pippo? Per conto di chi?” 
Ancora una volta però il procedimento si conclude, per mancanza di prove certe, ma stabilendo un punto fermo: che possa essere stato effettivamente vittima di un complotto messo in atto da ambienti a cui dava fastidio la sua attività informativa..."


Nient'altro e niente più che un'altra storia, finita nel calderone italiano dei misteri irrisolti.

  • Il brano scritto da Maria Luigia Guaita è stato estrapolato dalla rivista "Patria indipendente" del 21 maggio 2006 da un articolo di Carlo Onofrio Gori
  • L'articolo tratto da "Il Tirreno" è del 22 agosto 2012 si intitola "La memoria violata del partigiano Pippo per assenza di prove" 

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